È legittimo che il padrone di casa decida di aumentare il canone d’affitto a causa di lavori straordinari sulla facciata condominiale?
L’articolo 23, comma 1, legge 392/78 dettato in tema di locazioni abitative – successivamente abrogato dall’articolo 14, comma 4, legge 431/98 – disponeva che «quando si eseguono sull’immobile importanti e improrogabili opere necessarie per conservare ad esso la sua destinazione o per evitare maggiori danni che ne compromettano l’efficienza in relazione all’uso cui è adibito, o comunque opere di straordinaria manutenzione di rilevante entità, il locatore può chiedere al conduttore che il canone … venga integrato con un aumento non superiore all’interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati, dedotte le indennità e i contributi di ogni natura che il locatore abbia percepito o che successivamente venga a percepire per le opere eseguite». Il diritto all’aumento decorreva dalla data di ultimazione delle opere – se la richiesta era fatta entro trenta giorni dall’ultimazione medesima – ovvero, in mancanza, dal mese successivo a quello dell’invio al conduttore della lettera contenente la richiesta di aumento del canone (articolo 23, comma 2, legge 392/78). Ove il locatore intendesse avvalersi dei benefici fiscali previsti dalla legge 449/97 e successive modificazioni – cosiddetto bonus del 36% per detrazione Irpef – si riteneva corretto calcolare l’aumento del canone, tenendo conto dei benefici fiscali di cui si era avvalso il locatore. Quest’ultimo doveva, in ogni caso, tenere a disposizione del conduttore – salvo che quest’ultimo vi rinunciasse – la documentazione relativa alle opere (si veda Pretura di Milano, 5 marzo 1999). L’aumento per le riparazioni straordinarie importanti e improrogabili o di rilevante entità concorreva a determinare il canone contrattuale, sicché era destinato a permanere sino alla cessazione del contratto. In ogni caso, salvo che nel contratto di locazione sia inserita una clausola riproduttiva dell’abrogato articolo 23, legge 392/78 – pattuizione che sarebbe comunque legittima ed efficace – la materia delle spese straordinarie è rimessa alla libera determinazione delle parti, o in mancanza, agli articoli 1576 e 1609 del Codice civile. La piccola manutenzione. Per l’articolo 1576, comma 1 «il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore». A sua volta, l’articolo 1609, Codice civile dispone che «le riparazioni di piccola manutenzione che a norma dell’articolo 1576 devono essere eseguite dall’inquilino a sue spese, sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito».Infissi, porte e finestre. In ordine all’interpretazione degli articoli 1576 e 1609 del Codice civile, la giurisprudenza ha esemplificativamente ribadito che «la riparazione degli infissi esterni, delle persiane o delle porte di ingresso dell’immobile locato, non rientra tra quelle di piccola manutenzione che l’articolo 1576, Codice civile pone a carico del conduttore, perché i danni riportati da essi, a meno che non siano dipendenti da uso anormale dell’immobile devono piuttosto presumersi dovuti a caso fortuito o a vetustà e debbono essere conseguentemente riparati dal locatore» (Tribunale di Salerno, 24 novembre 2006). Nello stesso senso, si veda Cassazione 27 luglio 1995, n. 8191, secondo cui la riparazione degli infissi esterni non rientra tra quelle di piccola manutenzione a meno che il loro ammaloramento non sia dipendente «da uso anormale dell’immobile» del conduttore. Sempre secondo la giurisprudenza, le «stecche rotte dell’avvolgibile di una tapparella, costituente chiusura esterna di una finestra o balcone dell’immobile locato, non rientra di regola tra le spese di piccola riparazione, che ai sensi dell’articolo 1609, Codice civile, sono a carico del conduttore, giacché nel processo di deterioramento di detta parte di chiusura (al contrario di quanto si verifica per le altre parti, come per esempio la cinghia), normalmente hanno rilievo preponderante non l’uso, bensì altri fattori, e in particolare gli agenti atmosferici (caso fortuito) e la qualità del materiale» (Pretura di Milano, 20 ottobre 1990).Impianti interni alla struttura. Per la giurisprudenza, non rientrano neanche, tra le riparazioni di piccola manutenzione, a carico dell’inquilino a norma dell’articolo 1609, Codice civile, quelle relative agli impianti interni alla struttura del fabbricato (elettrico, idrico, termico), per l’erogazione di servizi indispensabili al godimento dell’immobile atteso che, mancando un contatto diretto del conduttore con detti impianti, eventuali guasti manifestatisi improvvisamente e non dipendenti da colpa dell’inquilino per uso anormale della cosa locata, devono essere imputati a caso fortuito o a vetustà (Cassazione 19 gennaio 1989, n. 271). Né vi rientrano le spese di imbiancatura, verniciatura, raschiatura dei pavimenti in marmo che sono a carico del locatore (Cassazione 17 ottobre 1992, n. 11401).E, dunque, non è sempre agevole stabilire, nel caso concreto, se si sia in presenza di piccola manutenzione, di manutenzione ordinaria o straordinaria sicché, in assenza di giurisprudenza specifica, può soccorrere, alla specie, come valido parametro interpretativo, la tabella, allegato G, al Dm delle infrastrutture 30 dicembre 2002, dettata per la diversa tipologia delle locazioni convenzionate (articolo 2, comma 3, legge 431/98). A seguito dell’abrogazione degli articoli 23 e 79, legge 392/78, la materia delle spese di manutenzione straordinaria nelle locazioni cosiddette libere è rimessa alla determinazione delle parti. Queste ultime possono anche stabilire, in deroga agli articolo 1576 e 1609 Codice civile, che tutte le spese di manutenzione, tanto ordinaria che straordinaria, siano accollate al conduttore.